L'ecatombe di Hillsborough
L'ecatombe di Hillsborough

Sheffield, 15 Aprile 1989. E' un pomeriggio insolitamente soleggiato, nonostante ci si trovi nel periodo dell'anno in cui solitamente la pioggia cade generosa. La partita di cartello è di quelle che si preannunciano epocali: una semifinale di Fa Cup tra Liverpool e Nottingham Forrest al quale il trionfo nella competizione più antica del mondo manca dal lontano 1959, ben più tempo dei soli 3 anni trascorsi dall'ultimo successo dei Reds contro i cugini Toffees nella finale del 1986.
Ciononostante, i Reds di quel periodo, esclusi dalla Coppa dei Campioni e da qualsiasi altra competizione europea a causa dei fatti dell'Heysel, hanno più fame di vittorie che mai, poiché si parla comunque di uno dei più grandi Liverpool che la storia ultracentenaria del glorioso club ricordi. C'è un'aria giocosa e di festa fuori dallo stadio di Hillsborough, della paventata minaccia Hooligan non c'è ombra alcuna, sembra semplicemente un pomeriggio come tanti, di festa e di serenità, da trascorrere sostenendo i propri beniamini, chi in compagnia dei propri amici, chi con la propria famiglia.
Ma nessuno è conscio di ciò che sta per succedere. Vite e storie che si intrecciano, si annodano, si compongono come la trama di un fine tessuto. Persone che non si conoscevano, che non sapevano che, da quel giorno, il loro nome sarebbe rimasto marchiato a fuoco sulla pelle di un popolo intero, parte, loro malgrado, di un disegno troppo più grande di loro. Tante vite, ingiustamente strappate in quello che doveva solo essere un evento sportivo e che si è dimostrato essere un dramma di tragiche dimensioni.

Come tutti i matches di cartello, anche una semifinale di FA Cup, specie se giocata tra due squadre le cui tifoserie si sanno non avere rapporti propriamente idilliaci come quella del Nottingham e quella del Liverpool, richiedeva che le due tifoserie stesse non venissero in alcun modo a contatto. E qui fu posta la prima pietra della tragedia: inspiegabilmente, si decise di assegnare la capiente Spion Kop End (21,000 posti accreditati) ai notoriamente meno numerosi tifosi del Nottingham, mentre alla Travelling Kop toccò invece la più angusta Leppings Lane, con una capienza di appena 14,600 posti. Il clima teso, di terrore, di paura imbastito dal governo Thatcher che orbitava attorno alle partite di football, e del Liverpool in particolare, pareva, secondo le numerosissime testimonianze dell'epoca, del tutto ingiustificato in quella mite, maledetta giornata: i dintorni dello stadio erano quel giorno popolati da molti bambini, famiglie, giovani, donne. Perfetto.
Una bella festa dello sport e del calcio, insomma. Il clima era disteso, e nulla faceva presagire ciò che sarebbe poi successo. La gente faceva la fila dietro ai tornelli. Ai tifosi era stato chiesto di presentarsi, muniti di regolare biglietto, non più tardi di un quarto d'ora prima dell'inizio del match, previsto per le 15. Purtroppo il destino iniziò ben presto a intessere la sua tela in maniera atroce, in quanto lavori in corso sull'autostrada che portava allo stadio rallentarono drammaticamente l'afflusso di auto, determinando una congestione in direzione Sheffield per chi proveniva da Ovest, ovvero, segnatamente, da Liverpool. Molti tifosi si trovarono perciò in netto ritardo a causa di questi rallentamenti, tant'è che 30 minuti prima del fischio d'inizio la Leppings Lane appariva ancora semivuota. Cosa abbastanza inusuale per il calcio dell'epoca.
Ciò purtroppo ebbe drammatiche conseguenze: la calca fuori dallo stadio, già notevole intorno alle 14.40, aumentò a dismisura quando i primi tifosi iniziarono ad affluire dalla autostrada M62. Si parlava di circa 5000 persone in fila davanti ai 6 soli tornelli (contro i 60 di cui poteva disporre la Spion Kop End) che conducevano alla Leppings Lane, impazienti di entrare, con intanto lo stadio che già iniziava a scandire i cori, cosa che non fece che aumentare l'impazienza di chi ancora era bloccato all'esterno.
La tensione saliva, c'era chi già iniziava a spingere e chi si cominciava a lamentare della calca eccessiva. La polizia, tesa ed agitata, non si aspettava di dover gestire una simile situazione, ed andò completamente nel pallone: alle ore 2,45 le forze dell'ordine decisero di aprire un grande cancello di acciaio, il Gate C, per smaltire la congestione che si stava venendo a creare fuori dai sei tornelli di ingresso alla curva.
Era l'inizio della fine.

Il Gate C dava accesso ad un tunnel piuttosto angusto, che a sua volta originava due collaterali minori: la branca principale del tunnel conduceva al settore centrale della curva, mentre le collaterali portavano ai settori periferici della Leppings Lane. Un grandissimo numero di persone, secondo alcune stime un numero appunto vicino a 5000, attratti dall'apparente facilità di percorrenza del nuovo percorso e spinti dall'impazienza che si era impossessata di loro poiché la partita era lì dall'iniziare, iniziò a riversarsi nel tunnel e nelle sue collaterali, non consci del fatto che la curva, nei suoi settori centrali, iniziava già a riempirsi all'inverosimile e che lo spazio a disposizione era ormai terminato.
Solitamente, in queste situazioni, due o tre ufficiali di polizia a cavallo si posizionano all'ingresso della curva, con la funzione di avvisare i tifosi in arrivo della congestione del settore e di evitare ulteriori afflussi che determinerebbero pericolosi sovraccarichi. Per cause che non sono mai state chiarite ciò non accadde quel giorno e l'enorme numero di tifosi che premevano dall'ingresso del Gate C era assolutamente inconscio di quella che era la situazione nei settori (particolarmente in quelli centrali) della Leppings Lane, ovvero che la calca iniziava a premere e che ulteriori afflussi avrebbero sicuramente portato a conseguenze drammatiche. In men che non si dica si creò un autentico collo di bottiglia. La curva, ormai congestionata all'inverosimile, non poteva più supportare l'arrivo di altri tifosi, equelli già presenti iniziavano a venire schiacciati l'un l'altro, mentre altri continuavano a giungere dai tunnel, specie da quello centrale, il tutto nel silenzio e nella colpevole impotenza delle forze dell'ordine, che tardavano a realizzare cosa stesse accadendo.

Fu un autentico massacro. Molte persone, in preda al panico, tentarono di rifugiarsi sul settore nord della curva, ostruendo alcune possibili vie di deflusso, altre, le più sfortunate, cercarono rifugio in direzione sud verso i tristemente famosi Fences, le grate con spunzoni voluti dalla Thatcher che separavano il campo di gioco dal settore popolato dai tifosi, un po' come quelle che oggi osserviamo in tutti gli stadi italiani. Intanto, altri tifosi venivano schiacciati l'uno contro l'altro trovando così una morte orribile, chi nel settore centrale della curva, chi nei tunnel e nelle sue due collaterali.
Frattanto la partita iniziava e nessuno, in campo o negli altri settori di Hillsborough, sembrò accorgersi del dramma che si stava consumando alla Leppings Lane, finché, dopo sei minuti dall'inizio della partita, un ufficiale di Polizia avvisò l'arbitro Ray Lewis e gli fece notare che molti tifosi dal settore Leppings Lane iniziavano ad invadere il campo.

Così Ray Lewis sospese la partita e diede il tempo alle forze dell'ordine di organizzarsi, ma qui entra in gioco la psicosi da Hooligan che pervadeva le forze di polizia inglesi in quel periodo: gli ufficiali di polizia fraintesero completamente la situazione, pensando che le invasioni fossero nient'altro che atti volti a turbare il quieto svolgimento del match, così con piccole cariche respingevano inizialmente verso l'inferno coloro che stavano cercando di uscirne con le unghie e con i denti. Gli sfortunati si trovarono così chiusi alle spalle dalla calca immane che continuava a spingere brutalmente, di fronte dalle cariche della polizia e dalle Fences, circondati da un alone di morte che intorno a loro consumava una tragedia per certi versi annunciata.
Tutto intorno la gente iniziò a morire per asfissia compressiva, una morte atroce ed i sopravvissuti potevano vedere solo corpi privi di sensi e cadaveri sorretti in posizione eretta dalla sola calca che ancora li sorreggeva. Frattanto, un piccolo cancello nella recinzione veniva forzato ed alcuni tifosi, ancora ostacolati dalla polizia, iniziarono a defluire per questa via, altri ancora furono tratti in salvo con l'aiuto di altri fan che si trovavano nella adiacente West Stand, proprio sopra la Leppings Lane.
L'intensità della calca iniziò ad infrangere le Fences ed in aggiunta a ciò buchi nella recinzione perimetrale erano stati aperti dai tifosi nel disperato tentativo di mettersi in salvo: queste rappresentarono vitali valvole di sfogo per la calca che pian piano stava inghiottendo una vita dopo l'altra.
Solo ora la Polizia si rese conto della vera natura dell'invasione ed aprì le inferriate per permettere il deflusso: la salvezza per molti dei tifosi. Solo allora si iniziò a comprendere la portata del dramma.
Alle spalle della calca ormai diluita, uno scenario raccapricciante. Corpi di giovani, bambini, intere famiglie giacevano inerti sul tunnel ed in Leppings Lane, molti già esanimi, altri gravemente feriti. Si cercò di organizzare un primo soccorso: il servizio sanitario di stanza allo stadio venne prevedibilmente ben presto saturato, alcuni tentarono, il più delle volte invano, una rianimazione cardiopolmonare, mentre altri spezzavano cartelloni pubblicitari usandoli come improvvisate barelle.
Tutti coloro che erano miracolosamente usciti indenni da quell'inferno cercavano di aiutare in qualche modo i meno fortunati. Intanto, le ambulanze iniziavano a giungere sul luogo del disastro, ma le operazioni di trasporto dei feriti furono a quel punto ancora una volta inspiegabilmente rallentate dall'ottusità delle forze di polizia, che formarono un cordone di separazione tra i tifosi Reds e quelli del Nottingham per paura di contatti tra le frange violente del tifo.

Inutile dire che fu una catastrofe. Il giorno quindici ben 94 tifosi, di età compresa tra i 7 ed i 67 anni, trovarono una morte atroce. Il 19 aprile il bilancio salì a 95 quando il giovane Lee Nicol, 14 anni, spirò per la gravità delle lesioni riportate. Nel marzo 1993 si raggiunse il definitivo bilancio di 96, quando anche  Tony Bland, 22 anni, si arrese. Il bilancio dei feriti era di 766, di cui 300 ospedalizzati, e di cui uno, Andrew Devine, anche lui 22 anni, sarebbe rimasto in parziale stato vegetativo per il resto della sua vita. 79 delle 96 vittime avevano meno di 30 anni. Intere famiglie furono cancellate da questo disastro: un padre ed un figlio, tre coppie di fratelli ed una coppia di sorelle furono uniti nella morte da un tragico destino.
Le inchieste post-dramma si rivelarono inutile perchè putroppo quelle 96 anime non tornarono più indietro, non tornarono più a ridere e scherzare mentre si guarda una partita di calcio.

E mentre cerco di raccontare un brivido mi pervade cercando di capire anche solo il minimo di sofferenza che quel giorno i tifosi reds hanno avuto; ma prima che tifosi costoro erano uomini,donne e bambini, famiglie strappate a questo mondo ma per coloro che oggi ancora vivono nel ricordo dei loro cari c'è solo una cosa da dire: 

"You'll never walk alone".


 

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