Più che un favorito, è una mina vagante pronta ad esplodere sulle salite della Grand Boucle. Già, perchè Fabio Aru non sarebbe dovuto neanche essere al via di Dusseldorf, sede di partenza del Tour de France 2017. Colpa di un infortunio al ginocchio patito in allenamento, che lo ha costretto a saltare il Giro d'Italia del Centenario, suo principale obiettivo stagionale, in un'edizione che vedeva la sua terra, la Sardegna, ospitare le prime tre tappe della corsa rosa. 

Da quel banale incidente - una caduta - lo scalatore dell'Astana sembra essere tornato quello dei bei tempi, il corridore capace di trionfare alla Vuelta nel 2015 e di competere per i Giro in un paio di occasioni. Almeno due squilli al Criterium del Delfinato per mostrare alla concorrenza di esserci, di far parte dell'èlite dei grandi del panorama ciclistico internazionale, quantomeno in salita. Poi, il successo di pochi giorni fa nella prova in linea dei Campionati italiani, ad Ivrea, con indosso la maglia dell'amico Michele Scarponi. Un avvicinamento casuale, ma apparentemente perfetto alla Grand Boucle per Aru, a una corsa che già lo scorso anno lo aveva visto protagonista. Stabilmente in top ten, il grimpeur sardo aveva dovuto mollare la presa solo nell'ultima tappa di montagna, complice una brutta crisi sul Col de Joux Plan, finendo poi tredicesimo in classifica generale. Le lacrime dell'arrivo di Morzine (traguardo di quella frazione in cui il Cavaliere dei Quattro Mori perse diciassette minuti dai migliori) gridano ancora vendetta, e attendono un'occasione per il riscatto. Chance che si presenta nelle vesti di un Tour privo di lunghe cronometro, ma anche con - relativamente - pochi arrivi in salita, per un percorso di compromesso di difficile interpretazione. Chi potrebbe non avere dubbi sulla strategia di gara è proprio Aru, pronto ad attaccare sulle prime vere pendenze di questa edizione della Grand Boucle, puntando a un posto tra i primi dieci della generale e, perchè no, anche a qualcosa di più. 

Eppure Fabio Aru non sarà l'unico capitano designato dell'Astana, il team kazako gestito da Alexandr Vinokourov, che per il Tour aveva già immaginato di affidarsi al danese Jakob Fuglsang, in una programmazione che prevedeva Aru padrone della situazione al Giro e il colombiano Miguel Angel Lopez Moreno a briglie sciolte alla Vuelta. Fuglsang si è preparato in maniera maniacale per la Grand Boucle, dimostrando di essere in possesso di una condizione di forma invidiabile, che gli ha consentito addirittura di trionfare al Criterio del Delfinato, davanti a corridori del calibro di Richie Porte, Chris Froome e Alberto Contador. Sul conto del danese persistono dubbi relativi alla tenuta sulle tre settimane di corsa, con la pressione di dover correre da punto di riferimento di una grande squadra, mentre Aru ha già scacciato interrogativi di questo tipo presentandosi vestito di rosso a Plaza Cibeles, a Madrid, nel 2015, trionfatore di una Vuelta vissuta come un testa con Tom Dumoulin. Quasi un segno premonitore, di ciò che il futuro avrebbe riservato. Ora il Cavaliere dei Quattro Mori (ma anche StraordinAru, come da definizione dei suoi tanti tifosi) è pronto per la Grand Boucle, al culmine di una stagione complicata, iniziata con qualche cenno di vita al Tour of Oman, proseguita malissimo, prima con una fastidiosa bronchite che lo costretto al ritiro alla Tirreno-Adriatico (staccato nella tappa del Terminillo, vinta da Nairo Quintana), poi con l'infortunio del forfait al Giro d'Italia. "Prova a correre, a volte i miracoli accadono", gli aveva detto nell'occasione l'ex compagno di squadra Vincenzo Nibali. Niente da fare: la resa rosa è stata inevitabile. Mentre per il giallo del Tour c'è ancora tempo.