Sorelle d'Italia. Tre parole, tre cuori, un unico abbraccio. La tripletta nel gigante femminile di Aspen ha chiuso nel migliore dei modi una stagione da urlo per lo sci alpino azzurro. Un 'immagine che è un tuffo indietro nel tempo al marzo 1996, quando a Narvik Deborah Compagnoni si mise dietro Sabina Panzanini e Isolde Kostner in quella che, prima di domenica 19 marzo, è stata l'ultima volta di un podio tutto azzurro al femminile. Ma non solo: è forse l'Instagram migliore di una stagione dove, in casa Italia, ha tutto funzionato a meraviglia.

Tirata a lucido, Sofia Goggia ha potuto lasciare briglia sciolta al suo talento e a quella lucida follia, componenti fondamentali del suo bagaglio tecnico. Ha attaccato, dato spettacolo, a volte esagerato, ma spesso ha raccolto dividendi ricchi. Due vittorie, 13 podi complessivi, il record di 1197 punti, nessuna italiana come lei. Assieme a lei, ha brillato Federica Brignone, che dopo aver sonnecchiato nella prima parte stagione, ha innestato il turbo da gennaio in poi, a partire dall'apoteosi di Plan De Corones. Il dualismo fra Sofia e Fede ha poi contribuito a creare in seno al team azzurro quel clima di sana e competitiva rivalità che ha giovato non solo alle due punte, ma anche al resto della squadra. Dando una scossa al talento spesso intermittente di Elena Curtoni e spingendola al podio in Super G, quindi corroborando con l'additivo chiamato grinta quello cristallino di Marta Bassino, la terza protagonista dello storico 19 marzo e anche lei autrice di un stagione di altissimo livello, finalmente a conferma delle belle parole che sulla ventenne di Borgo San Dalmazzo si spendevano già da qualche anno. Senza dimenticare Manuela Moelgg, la quarta componente del Dream Team delle gigantiste, anche lei a podio in stagione.

Ma se l'Italia ha riscoperto l'amore per lo sci alpino come non accadeva dai trionfi di Alberto Tomba e Deborah Compagnoni, il merito è anche della squadra maschile. Di Peter Fill, in primis, splendido trentacinquenne con la velocità nel sangue e due globi di cristallo sul tavolo di casa. O di Dominik Paris, l'uomo della Streif. Le due frecce azzurre in contumacia di Christof Innerhofer, appiedato da un infortunio alla vigilia dei Mondiali. Ma non va dimenticato il vecchio leone Manfred Moelgg, magnifico domatore della Sljeme di Zagabria, o Florian Eisath che nella magica stagione azzurra centra a trentadue anni il primo podio in carriera.

E ora che il sipario sugli sport invernali è calato, il primo sentimento è quello di rammarico, di voglia che questo magic moment possa durare in eterno. Si riprende a ottobre, sempre con il classico vernissage di Sölden. Quando i cuori di tutta la penisola torneranno a palpitare all'unisono per i ragazzi e le ragazze che, sci ai piedi, sono tornati a rinverdire i tempi eroici della "Valanga Azzurra" e della "Valanga Rosa".

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Alessandro Gennari
Schermidore a scoppio ritardato, rugbista mancato, ciclista negato, tennista si fa per dire. Storico per laurea, giornalista per amore dello sport. Presto la mia tastiera al servizio di scherma, tennis, sci alpino, nuoto e chi più ne ha più ne metta.