C'è una parola che riscontra poche corrispondenze in un ideale vocabolario dello sport italiano: programmazione. Questa parola, spesso accantonata in favore di improvvisazione, trova una delle sue migliori applicazioni nella Sidigas Avellino, che si appresta a disputare le semifinali scudetto per la terza volta nella sua storia e, caso rarissimo per una città di nemmeno 55mila abitanti, per il secondo anno consecutivo.
Dopo aver mancato i playoff per 4 anni di fila e aver conosciuto, nel 2014-15, una stagione fallimentare rispetto alle aspettative, la Sidigas si è affidata al duo Alberani - Sacripanti che nei due anni in Irpinia ha saputo conquistare tutti con ingredienti semplici eppure difficili da reperire e amalgamare: competenza, preparazione, passione e soprattutto la capacità di capire l'ambiente in cui lavora. In una città che ricorda i fasti calcistici degli anni '80 come il punto più alto della propria storia - sportiva e non - la prospettiva di poter competere per un traguardo così ambizioso sta facendo sognare non solo lo zoccolo duro dei tifosi, ma anche quelli che si avvicinano alla squadra soltanto in simili circostanze, persone che se nel calcio vengono irriguardosamente additate come "occasionali", nella situazione attuale del basket italiano sono invece quasi benvolute.

Il precedente La sconfitta in gara 7 contro Reggio Emilia del 31 maggio 2016 è stato un punto un punto di partenza sul quale costruire le ambizioni della nuova stagione. Gli importanti investimenti per confermare Joe Ragland, ingaggiare Fesenko e aggiungere a stagione in corso David Logan si sono rivelati azzeccati (programmazione + competenza + lavoro = risultati). I tre giocatori, al netto di qualche guaio fisico, hanno durante l'anno dimostrato il loro valore, risultando in varie occasioni i migliori in Italia nel proprio ruolo.

A differenza delle due precedenti occasioni, Avellino non arriva in semifinale con la pancia piena, con la consapevolezza cioè di aver già compiuto un'impresa e di non aver nulla da perdere. Nonostante il bilancio deficitario contro Venezia, che si è imposta in tutti i 4 precedenti disputati quest'anno tra campionato e Champions League, Avellino sa di potersi giocare le sue carte alla pari, se non da leggera favorita, e di poter coltivare il sogno di poter raggiungere l'ultimo step.
L'inaspettata facilità con cui si è inflitto un secco 3-0 a Della Valle e compagni nonostante le difficoltà con cui la squadra di Sacripanti si apprestava ad affrontare Reggio Emilia è prova più che evidente di un gruppo dalla solidità granitica, sicuro dei propri mezzi e con una gran fame da soddisfare col raggiungimento di un altro prestigioso obiettivo.

I numeri Nel corso della stagione tutto il roster di Avellino ha dimostrato di poter recitare un ruolo da protagonista. Nelle 33 partite disputate, Avellino ha segnato quasi 80 punti di media, con il 52.6% da 2 e il 39.1% da 3. Sono ben 5 i giocatori con una media punti in doppia cifra: Ragland (17.7), Logan (16.1), Fesenko (12.3), Thomas (11.5) e Randolph (10.2), oltre a Jones che ha realizzato 27 punti nelle 2 occasioni in cui è stato chiamato in causa. A questi, si aggiunge l'apporto decisivo, molto più di quanto non dicano i numeri, dei veterani Marques Green e Maarten Leunen, non a caso assistman e finalizzatore del canestro decisivo in gara 3 contro Reggio Emilia, e di Marco Cusin, vero totem difensivo le cui caratteristiche si integrano alla perfezione con quelle di Fesenko.

L'auspicio La recente finale di Eurolega ha visto il trionfo anche di un ex della Scandone rimasto nel cuore dei tifosi irpini, James Nunnually, che più volte durante l'anno ha fatto sentire il suo affetto con un semplice tweet o con una applaudita presenza in qualità di supporter al PalaDelmauro. E chissà che Nunnally non torni presto in Irpinia per altri festeggiamenti...

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