La sconfitta casalinga in gara-2 delle Nba Finals contro i Cleveland Cavaliers ha sorpreso buona parte del mondo Nba. Chi si chiedeva quante partite sarebbe durata la serie - se quattro o cinque - dopo la vittoria all'esordio di giovedì sera, dovrà ora attendere pazientemente l'esito di un confronto molto più equilibrato di quanto originariamente preventivato.

LeBron James non è nuovo a imprese del genere. Già nel 2012 contro i Thunder, nel 2013 e nel 2014 contro gli Spurs, i suoi Miami Heat avevano perso la gara inaugurale della serie, per poi pareggiare i conti nel secondo atto delle Finals. Quanto mai profetiche al riguardo le parole dello stesso Prescelto dopo la sconfitta in gara-1 con la dolorosa appendice del k.o. di Kyrie Irving. "Dobbiamo ricompattarci - aveva detto James - e tornare in campo più forti domenica sera". Ed è esattamente ciò che è accaduto, con i suoi compagni che hanno saputo trovare stimoli ulteriori per sopperire alle assenze, pronti a seguire come un sol uomo il proprio leader.

Stephen Curry, al contrario del suo principale avversario in maglia numero 23, non si è mai trovato in una situazione del genere. Sì, è vero, i suoi Warriors sono stati sotto 2-1 nella serie con i Memphis Grizzlies, ma la gara di stanotte li ha visti, per la prima volta da quando li allena Steve Kerr, spaesati, incapaci di riprendere il filo del loro gioco e di ritrovare i propri ritmi. La transizione difensiva avversaria, la marcatura su Curry, un pick and roll non esteso completamente hanno mandato in tilt il miglior attacco della Lega. Durante i playoff la media di passaggi effettuati da Golden State è stata di gran lunga la migliore tra le pretendenti al titolo (303), mentre in gara-2 il numero delle volte in cui i padroni di casa si sono passati la palla non ha superato quota 217. Le percentuali al tiro di Curry (26,1%) sono state orribili, le peggiori dell'intera stagione dell'mvp e di tutte le partite giocate in carriera nei playoff.

Ma non sono i numeri a preoccupare coach Steve Kerr, quanto piuttosto la mancanza di ritmo che, già manifestatasi in gara-1, era stata dai più sottovalutata e addebitata alla settimana di sosta precedente l'inizio delle Finals. Lo stesso Curry ha ammesso a fine gara di essersi sentito poco a suo agio sul campo, confidando però che le cose per lui e la sua squadra possano cambiare in fretta, già a partire da martedì per il match alla Quicken Loans Arena. Anche l'altro Splash Brother, il "gemello" Klay Thompson ha dichiarato di aver notato immediatamente come Steph non fosse in serata, e ha giustificato la brutta performance offensiva con i pochi assist complessivamente prodotti. I Warriors, un po' come gli Spurs degli ultimi anni, sono una squadra di ritmo, o se preferite, di flusso offensivo, un ingranaggio semiperfetto che può però saltare per colpa di qualche granello di sabbia. L'andamento lento dei Cavs, il loro basket "camminato" stanno costringendo gli avversari ad adeguarvisi, non concedendo quella transizione offensiva che si è dimostrata letale contro ogni altra squadra Nba.

La marcatura di Shumpert e Dellavedova ha poi fatto il resto, costringendo Curry a una performance balistica rivedibile. Ma l'mvp fa spallucce al riguardo: "Ho sbagliato dei tiri che solitamente segno. Loro hanno difeso bene su di me ma ho preso tiri che in genere metto con facilità. A Cleveland sarà diverso". E non c'è motivo di dubitare che lo pensi realmente, anche perchè la preoccupazione dello staff tecnico che fa capo a Steve Kerr è molto più incentrata sul "pace" che non sulle percentuali di Curry, Thompson e Green. A questo punto è probabile che Golden State esplori con continuità l'opzione estrema del quintetto piccolo, con Draymond Green da centro, Iguodala o Barnes da numeri 4, per alzare il ritmo del gioco e per togliere dalla gara il russo Timofey Mozgov che sta creando non pochi grattacapi ad Andrew Bogut, mostratosi in enorme difficoltà a rimbalzo.

Le gare di Cleveland ci diranno molto non solo sull'esito della serie e sull'assegnazione del titolo, ma anche sulle capacità di reazione, tecnica ed emotiva, dei giovani Warriors. "E' una serie durissima - ha dichiarato a fine gara Steve Kerr - ma nessuno di noi ha mai pensato il contrario", spazzando via ogni dubbio su un approccio molle alla partita. Gli aggiustamenti operati nelle ore che ci separano da gara-3 saranno dunque decisivi per un gruppo di ragazzi che ha voglia di alzare il Larry O'Brien Trophy per risvegliarsi campioni Nba.

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Andrea Russo Spena
Laureato in giurisprudenza, con una passione senza confini per lo sport. [email protected]