Non è un mistero che l’NBA sia uno dei campionati sportivi professionistici più duri del globo, probabilmente il più impegnativo per il fisico di un atleta di prima fascia. Basti pensare all’esorbitate numero di partite di stagione regolare compresse in soli 6 mesi, senza contare i playoff, che a conti fatti rendono la stagione NBA composta da un minimo di 82 partite, ad un massimo che supera abbondantemente i 100 incontri, di cui certamente gli ultimi sono giocati al massimo delle proprie energie fisiche e mentali. Questa formula impone un lavoro indescrivibile agli entourage delle squadre per garantire integrità fisica e atletica ai propri giocatori, che tuttavia spesso si rivela naturalmente insufficiente a prevenire infortuni anche gravi, anche in momenti decisivi della stagione. Per ridurre al minimo queste eventualità molti staff tecnici e medici hanno optato per non sovraccaricare gli atleti nei momenti meno importanti della stagione che, per molte squadre, soprattutto quelle di primissima fascia, corrispondono ad alcuni sprazzi in regular season. A molti giocatori vengono risparmiati molti back to back (parite giocate in due giorni consecutivi) o trasferte fisicamente e mentalmente impegnative, che hanno come rovescio della medaglia l’assenza di molte stelle da partite anche con seguito e attesa di pubblico piuttosto rilevante, con le conseguenze che potete immaginare.

L’NBA, a fronte di un aumento di queste defezioni negli ultimi anni, è corsa in questo senso ai ripari con molte modifiche anche sostanziali al proprio calendario, volte proprio a rendere il percorso di regular season meno stressante da ogni punto di vista. Accantonata l’ipotesi di una riduzione del numero totale delle parite, la prima sostanziale modifica sarà nella durata del calendario, aumentata di una settimana (e quindi con inizio a ottobre) che renderebbe meno compresse le 82 parite di stagione regolare con le conseguenze seguenti: innanzi tutto si previene che i matchup di rilievo televisivo nazionale siano in concomitanza di un back to back, oltre ad una diminuzione totale di quest’ultimi che passeranno da un 16.3 a squadra ad un 14.9, con una totale eliminazione di 40 coppie di partite in due giorni consecutivi. Altra sostanziale modifica è l’eliminazione completa delle serie di 4 partite in 5 giorni e di 18 partite in 30 oltre che la riduzione delle settimane con 5 partite in programma a 1.3 per squadra (in totale da 90 a 40 rispetto allo scorso anno). Altra importante riduzione è quella delle trasferte a singola partita, che impongono traversate anche lunghe nello spazio di poche ore, del 17% e riduzione di quelle oltre le 2000 miglia di viaggio del 67%, con solo undici trasferte di questo tipo nel calendario. Inoltre saranno aumentate le partite durante i pomeriggi del fine settimana, in precedenza evitate dall’NBA per la concomitanza delle partite di NFL, con conseguente aumento della compressione del calendario, ma che adesso avrà un minimo di respiro in più grazie a questa accortezza.

Nei prossimi giorni la lega fornirà un promemoria ad ogni franchigia con annesso l’intero calendario corrispettivo, al quale le squadre potranno richiedere modifiche non sostanziali, ma che in linea di massima rimarrà definitivo. Il programma è atteso alla sua ufficializzazione entro la fine della settimana, con l’annuncio dei vari calendari probabile nei prossimi giorni. Piccole modifiche ma sostanziali da parte del’NBA che ha intuito la necessità delle squadre e degli atleti di sentirsi maggiormente tutelati. Vedremo se queste accortezze saranno sufficienti a garantire una maggior integrità fisica agli esponenti del campionato di pallacanestro più apprezzato e seguito al mondo.

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Cristiano Fumagalli
Laureato in lingue straniere, appassionato di sport in tutte le sue espressioni. Cestista di estrazione e grande amante della pallacanestro americana ed europea. Nutro anche una grande passione per il calcio e adoro studiare la sua storia e la letteratura che lo riguarda. Adoro intrattenere conversazioni a tema soprattutto sportivo, sono senza mezzi termini malato di sport, ma credo non esista malattia migliore.