Resettare tutto quello che è accaduto lo scorso anno, e tuffarsi anima e corpo nella stagione che ormai è prossima alla partenza. Questo è il mantra in casa Detroit Pistons, chiamati al riscatto dopo le delusioni dell'ultima regular season chiusa al decimo posto con all'attivo appena 37 vittorie e 45 sconfitte. Tutto è riconducibile ai numeri, che si sa, non mentono mai: i Pistons nella scorsa stagione, andata in archivio qualche mese fa, hanno tirato da tre punti con il 33% (28esimi), da dentro l’area con il 44.9% (23esimi) ed anche dalla lunetta sono stati piuttosto imperfetti, se si considera che la percentuale realizzativa dalla linea della carità è stata del 71%, ed a pesare come un macigno il disastroso 37% di Andre Drummond. Numeri che nella Mo-Town non vorrebbero più rivedere. Si riparte da Stan Van Gundy, e da un roster che presenta alcune innovazioni, senza però stravolgere gli equilibri (precari però) raggiunti. Salutati Kentavious Caldwell-Pope e Marcus Morris, ecco Avery Bradley. L'obiettivo è quello di centrare almeno l'ottavo posto. Non è impossibile, tenendo conto che la Eastern Conference presenta un livello tecnico non di certo irresistibile.

Nella Mo-Town si aspettanto tanto da Reggie Jackson, croce e delizia di coach Van Gundy. L’anno scorso il prodotto di Boston College ha fatto un brutto passo indietro, chiudendo con 14.5 punti e 5.2 assist in 52 partite una stagione nella quale ha dovuto convivere con una fastidiosa tendinite che lo ha frenato non poco. Quello ammirato a tratti lo scorso anno è parso addirittura dannoso nel sistema di gioco di Detroit, dunque, da quelle parti sanno bene che le speranze playoff passano senza ombra di dubbio dalle condizioni fisiche e dalla voglia di riemergere della propria point guard. E' Jackson l'ago della bilancia dell'attacco, è lui che è chiamato a spezzare in due le difese avversare con le accelerazioni e le scorribande al ferro, ciò che gli riesce meglio. Al suo fianco, ecco Avery Bradley, volto nuovo nella città dei Motori. Uno dei migliori difensori dell'intera Lega, i Pistons sono riusciti a metterlo sotto contratto chiudendo una trade con i Boston Celtics ai quali hanno girato Marcus Morris. Un 'cagnaccio', un abile difensore sul perimetro, ma le sue doti non sono prettamente difensive, in quanto nella scorsa stagione, in Massachussets, ha dimostrato di avere a disposizione buoni colpi anche sull'altra metà campo: ha chiuso con 16.3 punti a partita, impreziositi dal 39% da oltre l'arco dei 7 metri e 25.

Fonte: CSNNE.com
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Nello spot di ala piccola, riconfermato Tobias Harris, il quale ha chiuso in crescendo la scorsa stagione. Non eccelle nel tiro dalla lunga distanza, ma è un giocatore molto dinamico e della sua fisicità può giovarne l'intera squadra. Dovrà cercare di tenere accesa la luce, in quanto il suo innegabile talento spesso viene oscurato da pause incomprensibili, limiti quindi caratteriali che ne hanno frenato l'ascesa in NBA ad altissimi livelli. Una delle chiavi di volta della stagione di Detroit è Jon Leuer. Dovrebbe essere, almeno inizialmente, la power forward titolare, seppur il lungo, in generale, riesce ad avere maggiore impatto partendo dalla panchina: +1.5 quando è off the bench, -6.4 come starter. Ma tutto sommato, ciò che a Van Gundy preme, è la tenuta difensiva che il nativo di Long Lake normalmente dimostra di avere sul parquet. Se poi a questo riesce ad abbinare un netto miglioramento delle sue percentuali al tiro (29% totale dal campo nella scorsa regular season) allora i Pistons avrebbero un quintetto con tutte le carte in regola per farsi valere nella lotta per playoff. Quintetto che vedrà la presenza, sotto i tabelloni, di Andre Drummond. Tante aspettative aleggiano intorno al gigante originario di Mount Vernon, soprattutto in virtù della delusione conseguente alla scorsa sconfortante stagione. Ad eccezione del dato riferito ai rimbalzi, dove si è migliorato, per il resto Drummond non è stato quel 'maschio alfa' in grado di spostare gli equilibri in campo. Minutaggio scarso, inferiore addirittura al suo primo anno, quello da rookie, si è reso protagonista di un carrier low per efficienza difensiva, dimostrando un'incapacità imbarazzante di difendere in situazioni di pick and roll e di pick and pop. Perse, e mai più ritrovate per tutta l'annata, le sue capacità di proteggere il ferro: una sola stoppata di media, una miseria per uno con le sue caratteristiche, fisiche e tecniche.

Fonte: NBA.com
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La second unit resta un grosso punto di domanda. La freccia più pericolosa nella faretra di coach Van Gundy è Ish Smith, point guard che dovrà far rifiatare Jackson. Dietro di lui Stanley Johnson, di cui si continua a parlare un gran bene ma non ha ancora dimostrato granchè in NBA, ed i suoi jolly stanno via via assottigliandosi, e Luke Kennard, rookie scelto dai Pistons alla dodicesima chiamata. Uno dei migliori tiratori nel panorama collegiale, quest'ultimo è in grado di tirare con ottimi profitti da qualsiasi posizione, anche in uscita dai blocchi, ricordando marcatamente i vari Redick e Korver. Oltre a tirare, sa arrivare con efficacia al ferro, concludendo anche in situazioni di equilibrio precario, talvolta anche con la sua mano non prediletta, ovvero quella destra. E' da testare però in NBA: il front-office di Detroit si augura che riesca ad ambientarsi il prima possibile nella maggiore lega americana senza pagare lo scotto del 'gran salto' tra i pro.  Tiratore eccellente, pronto ad uscire dalla panchina, è anche Langston Galloway. Il 'pacchetto lunghi', invece, quello deputato ad alternarsi con Leuer e Drummond, è composto da Henry Ellenson, Anthony Tolliver e Boban Marjanovic. Il primo, seppur giovane, è già all'ultima chiamata in NBA, mentre il secondo, non più giovanissimo, ha già dato il meglio di sè nel corso degli anni passati. Il gigante serbo, invece, che si è costruito una buona carriera in Europa, e con ogni probabilità avrà più spazio rispetto allo scorso anno, dopo che Aron Baynes è partito alla volta di nuovi lidi.

Se Detroit fosse inserita nell'agguerrita Western Conference, sarebbe destinata al tanking, ma invece, in una Eastern Conference livellata paurosamente verso il basso (ad eccezione delle prime tre o quattro squadre), tutto è possibile, quindi ammirare i Pistons, ad aprile, al settimo o ottavo posto non è assolutamente utopistico. E' chiaro però che tutto deve girare per il verso giusto: dovrà essere realtà la rifioritura di Jackson, Drummond dovrà finalmente essere domiante sotto le plance, Avery Bradley dimostrarsi uno dei migliori difensori della lega, ed attaccante sufficientemente pericoloso, dentro e fuori l'arco. Poi, ovviamente, tutti dovranno apportare il proprio mattoncino, anche quei comprimari che partono lontani dalle luci dei riflettori. Ad Est la lotta ai playoff sarà serrata, con almeno 4/5 squadre che hanno l'identico obiettivo dei Pistons. Non sarà una stagione facile, ma Van Gundy ha più di un motivo per sorridere ed essere fiducioso.