I numeri spesso rivelano poco, ma sanno anche essere tremendamente cinici. Quelli del West Ham versione 2016/17 sono l'elemento ideale per inquadrare il momento che la squadra di Bilic sta attraversando. Tutto ha avuto inizio con la sorprendente eliminazione dall'Europa League per mano dell'Astra Giurgiu (di nuovo), poi la situazione è precipitata totalmente fuori controllo.

In Premier League gli Irons hanno raccolto solo tre punti in sei partite, frutto di una vittoria e cinque sconfitte, a fronte di 1,17 gol segnati per partita (con un agghiacciante 28% di shot accuracy) e soprattutto 2,67 subiti, sempre logicamente per partita, questi ultimi frutto di imbarazzanti amnesie difensive. Per rendere l'idea, l'anno scorso gli Hammers hanno chuso il campionato con 1,71 fatti e 1,34 subiti, con una percentuale realizzativa del 44%. Ah, e sessantadue punti in trentotto partite. Che cosa è successo ai londinesi? Come si spiega un crollo del genere?

Aldilà delle possibili ipotesi legate al karma e all'abbandono del Boleyn Ground per passare al più capiente e moderno, ma meno affascinante, London Stadium, esistono un paio di tesi decisamente più accreditate al riguardo, posto che la qualità e la costruzione della rosa non possono essere messe in dubbio in alcun modo, poichè per caratteristiche, talento, completezza e varietà il West Ham può essere considerata la prima squadra a ridosso delle grandi.

I problemi dei claret sono di carattere puramente psicologico. Guardando giocare la squadra e focalizzando il body language degli uomini di Bilic, è lampante quanto la sfiducia attanagli e limiti i mezzi tecnici degl interpreti. Essa è sintomo di una forte pressione generale esercitata dall'ambiente e da tutti gli addetti ai lavori: le aspettative altissime di inizio stagione si sono rivelate un freno più che una spinta, specialmente per giocatori poco abituati a viverle in prima persona.

L'unico probabilmente in grado di gestire al meglio la situazione è Dimitri Payet, uno dei pochi inattaccabili nelle uscite stagionali, il quale ha vissuto una finale persa in casa con la sua Francia all'Europeo. Sa dunque affrontare i momenti complicati, a differenza degli altri. Può rientrare un po' forzatamente nella categoria anche Antonio, per ora il miglior marcatore: non tanto per una questione di forza mentale, ma più per la tipologia di giocatore che è, ovvero uno istintivo e di gamba, ragion per cui Bilic lo utilizza da terzino destro nonostante i diversi limiti in fase difensiva. I suoi errori non sono una novità, ma quest'anno risaltano ulteriormente, a causa di una difesa irriconoscibile, dove Reid e Collins risultano spaesati ed Ogbonna sembra il giocatore impacciato visto nei primi tempi a Torino, non quello che l'anno scorso ha meritato la nazionale. Per non parlare dell'impatto disastroso di Masuaku.

Alla pressione si unisce anche una rosa piuttosto nuova, ancora poco abituata a giocare insieme, e soprattutto decisamente condizionata dagli infortuni, i quali non stanno permettendo agli Irons di trovare una chimica di squadra ben definita e gerarchie altrettanto chiare. D'altro canto schierare sempre un undici diverso con una squadra rinnovata è deleterio, specialmente in un campionato che non perdona mai, quale è la Premier League.

In questo quadro generale tragico, imputare colpe a Slaven Bilic è tanto immediato e scontato, quanto avventato. Il croato è indubbiamente reo di non riuscire a ribaltare psicologicamente la propria squadra e il suo stesso linguaggio del corpo in panchina lascia trasparire sfiducia e rassegnazione, tratti distintivi che non apparterrebbero al chitarrista balcanico, uno con il vatreno ludilo facile, con la grinta giusta, come ha già dimostrato di possedere nella passata stagione.

La dirigenza ripone comunque ancora fiducia in lui e nelle sue doti, tanto che gli avrebbe lanciato un ultimatum duro, ma morbido: le prossime tre partite saranno decisive. Letto così certamente spaventa, ma le avversarie saranno Middlesbrough e Sunderland in casa e Crystal Palace in trasferta. Insomma tre partite da possibili nove punti contro squadre nettamente inferiori. Potrebbe giocare un ruolo fondamentale anche la pausa per le nazionali tra l'impegno casalingo con il Boro e il derby con le Eagles: per ristabilire la fiducia nella testa della squadra, il lavoro fuori dal campo sarà più che necessario.

Ovviamente non tutto è perduto, anzi, siamo solo all'inizio di una stagione ancora lunghissima ed il tempo per il West Ham per risollevarsi non mancherà, anche perchè le rimonte non sono all'ordine del giorno, ma quasi. Le lancette girano però sempre più veloci sul quadrante di Bilic: l'esonero sarebbe soluzione sgradita a tutti, dirigenza, ambiente e giocatori, visto il rapporto disteso tra le parti. Gli eventi però possono essere infidi quanto i numeri, e potrebbero non lasciare altra scelta.