La legge della stabilità e dell'equilibrio regola le dinamiche della Premier League. Non una novità, evidentemente: il Leicester ha fatto scuola, i trionfi di Mourinho anche, ma non tutti hanno colto l'idea che per avere successo nel calcio inglese serva necessariamente avere compattezza in entrambe le fasi di gioco. Antonio Conte ha captato segnali dopo l'inizio difficoltoso, il passaggio al 3-4-3 e la ventata di aria nuova hanno portato immediatamente frutti. Ieri, con l'1-3 conquistato all'Etihad, le vittorie consecutive sono diventate otto: i Blues si sono rilanciati come capolista, staccando proprio il Manchester City.

I meriti dell'ex tecnico della Nazionale sono molti, specialmente psicologici, ma i demeriti del collega Pep li superano e non di poco. Gli Sky Blues hanno vinto solamente quattro delle ultime 13 partite disputate in tutte le competizioni, palesando gara dopo gara dei limiti difensivi assolutamente inammissibili per una squadra che bussa alla porta dell'Olimpo europeo. Ieri queste difficoltà sono riemerse in toto nel giro di mezz'ora e sono costate, come detto, i tre punti che la fase offensiva stava regalando.

Già, la fase offensiva. Il Manchester City con il 3-4-2-1 reinventato - aspetto con una rilevanza comunque minima nel calcio, specialmente quello secondo Guardiola - è riuscito a creare occasioni in serie, concretizzando una sola volta, peraltro grazie a una deviazione di Gary Cahill, uno con la maglia sì blu, ma con la sfumatura più scura. Le occasioni sbagliate non possono comunque essere una scusante per il risultato finale, specialmente quando si tratta dell'ottava partita senza vittoria da inizio ottobre in poi.

L'eccessivo integralismo sta costando la classifica, perchè ora la vetta è a -4. La difesa a tre fa acqua, l'ultimo clean sheet risale al 29 ottobre, quello ancora precedente al 17 settembre. Numeri che devono obbligatoriamente portare Guardiola a riflettere riguardo il destino dei suoi, soprattutto quello tattico. Stones e Otamendi come coppia possono funzionare, almeno per caratteristiche, ma necessitano di due uomini ai fianchi o di un Busquets che riesca a scendere tra i due.

Potrebbe essere Yaya Touré, il nuovo Yaya Touré, la soluzione a determinati problemi? Per l'ivoriano si tratterebbe di un ritorno alle origini, in una posizione che ha occupato proprio sotto la gestione Pep al Barcellona. Il rapporto non fu idilliaco, ma la situazione presuppone una centralità dell'interesse di squadra e richiesta di sacrificio. D'altro canto, pare evidente che una svolta, in piccolo, sia necessaria.

Chi è stato invece eccezionale nel riuscire a dare questa svolta è per l'appunto Conte: una nuova corrente d'aria per lasciar uscire la vecchia, ormai incredibilmente pesante e pregna di fantasmi. E no, non può essere solo fortuna, e nemmeno tattica: è semplicemente questione di chimica.

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Giorgio Dusi
Vivo a Bergamo, scrivo di calcio, in particolare di Juventus e Arsenal, e di basket tra NBA ed Eurolega. Giornalista. Laureando. Forse. [email protected]