La Premier League 2016/17 fu presentata come una contesa ampiamente livellata, aperta ad un forte numero di contenditrici, che si sarebbero date battaglia, con armi più o meno pari, sino all’ultimo respiro per raggiungere la cima della Gran Bretagna calcistica. Tale predizione fu congetturata in virtù delle enormi spese tra i vari top club, che nei 3 mesi di mercato estivo prestagionale, riuscirono a richiamare oltremanica una quantità pazzesca di giocatori estremamente affascinanti per ogni appassionato di football. Oltre a ciò, vanno addizionate le abbondanti ed illustri presenze di top manager, i quali hanno ulteriormente suscitato palpitazione generale. Le premesse, però, non sempre si rispecchiano in una realtà futura. Il campionato che prometteva equilibrio ed incertezza, ha avuto un solo colore, il blue: Conte ed il suo Chelsea hanno calpestato ogni avversario, frantumato (quasi) ogni record, e riportato a Londra la Premier League, con un distacco importante da ogni inseguitrice. 

L’anno precedente, il campionato fu incredibilmente conquistato dalle foxes di Claudio Ranieri. Proprio quella stagione, fu un disastro totale per i blues: Mourinho non riuscì mai a trovare la quadratura vincente, litigò con membri dello staff, fomentò un ambiente che aveva solamente bisogno di tranquillità, e alla fine venne esonerato a stagione in corso. A rattoppare la falla, ecco Guus Hiddink: traghettatore d’eccezione che guidò la squadra sino ad uno scialbo decimo posto finale. A raccogliere una bambola di pezza così sgualcita, così funestata da strappi ancora freschissimi, arriva non un sarto qualunque: si tratta di Antonio Conte, che, dopo qualche tentennamento iniziale, mette la marcia giusta per appropriarsi immediatamente del suo primo titolo inglese. Vediamo un po’ com’è andata.

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Il Chelsea non è certamente, in partenza, la forza favorita di questa edizione. A prendersi la scena sono lo United di Mourinho, ed il City di Guardiola, che, grazie ad una campagna acquisti senza precedenti, possono vantare una formazione di livello estremo. Anche il Chelsea non è stato a poltrire sotto l’ombrellone in riva al mare, e di fatti la rosa viene puntellata con innesti superlativi come David Luiz (secondo mandato londinese per lui) e Kantè, oltre al ritorno alla casa madre di Victor Moses, ed alle scommesse Marcos Alonso e Batshuayi. Per il resto, confermata la rosa che terminò decima la scorsa stagione.

Dopo 9 punti nelle prime 3 giornate, il Chelsea è a ridosso della testa della classifica, e per Antonio Conte, il prezzo per l’adattamento ad una panchina britannica, si farà sentire subito dopo. Pari gallese con lo Swansea, sconfitta interna contro il Liverpool, e 3-0 all’Emirates contro l’Arsenal: i blues sono ottavi, e stanno perdendo la scia del Manchester City, che nel frattempo vola a +9. Conte, da uomo arguto, sagace, e dotato di grande acume, percepisce immediatamente che qualche cosa, nella sua squadra, va registrato. Il 4-1-4-1 con Kantè davanti alla difesa lascia la squadra troppo spaccata in due, la rende vulnerabile, disequilibrata, sofferente, specialmente con i ritmi sui quali si basa il calcio britannico. E così, dopo la lezione subita a casa Arsène Wenger, il tecnico salentino cambia metodo: il suo Chelsa si vestirà con un 3-4-3, molto più dinamico, omogeneo, e solido, che allo stesso tempo guadagna in pericolosità offensiva. Questa mossa ammazzerà di fatto il campionato, perché delle 32 gare disputate con la suddetta disposizione, il Chelsea ne perderà solamente 3, andando a vincerne addirittura 27.

 

LE 13 VITTORIE

Il fulcro dell’impresa blues risiede in gran parte nel periodo intercorrente tra la settima e la diciannovesima giornata. In questo lasso temporale, che va dal primo ottobre al 31 dicembre 2016, il Chelsea riesce a vincere tutte le 13 partite di campionato che si presentano, andando a raccogliere 39 punti sui 39 disponibili, e sfiorando il record dell’Arsenal degli invicibles, che a cavallo di due stagioni, tra il febbraio e l’agosto 2002, incasellò 14 successi di fila. Incredibile come il cambio di modulo abbia rinvigorito la squadra: in queste 13 giornate, il Chelsea segna 32 gol e ne subisce appena 4; un ruolino di marcia impressionante, che pare implacabile, e che di fatto lancia i londinesi verso la settima Premier League della loro storia.

A farne le spese non sono solo le squadre medio-piccole, ma anche alcune delle dirette rivali, come le due giganti di Manchester, schiaffate da sonori 4-0 e 3-1 (United e City). Sarà proprio una big, però, a sgambettare il cammino dei blues: il Tottenham di Pochettino, con una memorabile doppietta di Alli, frena il Chelsea e riapre (solo apparentemente) il campionato. Dico solo apparentemente perché il Chelsea, anche dopo questa sconfitta, non calerà minimamente il proprio andamento, continuando a sfornare prestazioni dominanti e uscendo immacolato da quasi tutti gli scontri diretti. Nella fase finale, il tesoro racimolato durante il periodo delle “13 vittorie”, è risultato determinante.

RIVITALIZZAZIONE 

Oltre all’intuizione tattica del 3-4-3 (sulla quale ci vorrebbe un articolo a parte), Conte ha avuto il merito, ancora una volta, di essere stato in grado di rivitalizzare gli elementi chiave di una squadra che aveva perso la propria identità. Diego Costa è tornato ad essere uno dei centravanti più pericolosi del campionato, Pedro non si era mai visto su questi livelli da quando è sbarcato in terra inglese, Hazard ha ricominciato a brillare come due stagioni fa. Assieme al risveglio di questi “campioni dormienti”, va citato ad elenco l’azzeccatissimo utilizzo di Moses come esterno di centrocampo davanti ad una difesa a 3: il nigeriano ha dimostrato una disciplina tattica ed un coefficiente di acclimatamento notevoli, andando a fare la doppia fase, con una qualità decisamente singolare. Dall’altra parte, vale lo stesso discorso per Marcos Alonso, scommessa vinta al cento per cento, che in questa stagione ha totalizzato addirittura 6 reti. 

In così poco tempo, Antonio Conte è riuscito a vincere la Premier League, impiantando immediatamente i propri dogmi alla squadra, donandole una mentalità vincente e consentendole di sopraffare ogni avversario. Un capolavoro quasi totale, che riconferma il livello vertiginoso dell’allenatore salentino, al quale è mancato solo il successo in FA Cup (persa solamente in finale con l’Arsenal), la quale avrebbe rappresentato, come si suol dire, la ciliegina sulla torta.

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About the author
Elia Faggion
Elia, 20 anni. Radiocronista in erba. Conducente di una attività agricola familiare e frequentante del Piccolo Gruppo di Michele Plastino, coltivo il sogno di diventare giornalista sportivo a tempo pieno. email: [email protected]