Il talento. La testa, prima delle gambe. Il dettaglio, la cura maniacale dello stesso. La determinazione, quella da fuoco negli occhi. La sfacciataggine. Gli attributi. La voglia di arrivare in cima.

"Si può fare". Lo testimonia il campo, lo testimoniano le frasi, mai di circostanza e men che meno banali, di Buffon. Non conta l'avversario, conta esserci. Così come conta vincere. Conta vincerli.

Nei cassetti della memoria della Juventus si conservano ricordi piacevoli del Barcellona, come la zampata del Panteròn Zalayeta in quel - col senno di poi - maledetto 2003. Meno sbiaditi e meno piacevoli, invece, sono quelli legati a Berlino, alla finale della maledetta Champions League del 2015, ad un indigesto 3-1. Forse, quel giorno, quella Juve non era ancora pronta, si è trovata catapultata dentro un qualcosa di più grande, un peso insormontabile.

2015. | Fonte immagine: Sky Sports
2015. | Fonte immagine: Sky Sports

Oggi, però, questa Juve è pronta. Deve essere pronta per giocarsela, di fronte a chi prima era marziano, ma con il passare dei mesi si è sempre più avvicinato alla terra, non scendendo mai al di sotto delle nuvole, rimanendo sulla cima dell'Olimpo, ma accompagnata. E, soprattutto, alla portata.

Questa  Juve è pronta. Deve portare i fatti dalla propria parte: per ora si è limitata ad agevolarsi il cammino, ora ha bisogno di correre, sempre più forte.

I blaugrana non sono il sorteggio peggiore: la pallina più calda e più temuta conteneva il nome del Bayern Monaco. Il Real Madrid stesso, forse, per solidità, sarebbe stato più complicato. Sono un avversario ostico, gli uomini di Luis Enrique. Sarebbe folle non pensarla così. Ma non sono insormontabili. Non è il Barcellona del 2015, lo dice il campo. Nemmeno la Juventus è la stessa di due anni fa, sostiene lo stesso giudice di cui sopra.

Per i bianconeri è un test, una cartina di tornasole per conoscersi meglio. Può essere un binario morto, oltre il quale c'è il nulla, come ben constatato dal Psg. Può essere una rampa verso la volta stellata, non adatta chi soffre di vertigini.

La Juve, questa Juve, non può soffrire di vertigini. La gara d'andata in casa offre l'assist per poter lavorare ai fianchi gli avversari, vulnerabili difensivamente. Ottenere un margine, un risultato positivo, sembra vitale ai fini del doppio confronto. Poi, al ritorno, il sacro tempio del Camp Nou, catino infernale nelle notti europee. Centomila catalani o poco meno. Chiedere ai parigini di cui sopra.

Urlo. | Fonte immagine: Il Post
Urlo. | Fonte immagine: Il Post

Per quanto dimostrato finora, la Juve, questa Juve, non è il Psg. Forse non è capace di exploit, ma difficilmente si scioglie. Tesi avvalorata dai risultati in patria, da avvalorare in campo europeo. E' stata ferita, cinque volte, ma con ferocia leonina si è rialzata.

Potrebbe ricadere, sì. Tutto nel calcio può succedere. Già, proprio tutto. Quel tutto di cui questa Juve deve essere capace. Perché, come urlava Frederick von Frankenstein, si può fare.

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About the author
Giorgio Dusi
Vivo a Bergamo, scrivo di calcio, in particolare di Juventus e Arsenal, e di basket tra NBA ed Eurolega. Giornalista. Laureando. Forse. [email protected]