C’è un filo sottile (ma nemmeno troppo) che lega Torino e Madrid, Juventus e Real, Massimiliano Allegri e Zinedine Zidane. Due percorsi agli albori, quelli dei tecnici che si fronteggeranno a Cardiff. Due modi totalmente opposti di arrivare a un passo dalla vetta. Allievi simili, afferma il presente; di due scuole differenti, replica il passato. Il punto comune, in quanto a modelli, ha un nome, un cognome e una targa sul primo seggiolino della panchina del Bayern Monaco. Anche in questo, ovvero nel rapporto col Maestro, i due sono diversi.

Allegri e Zidane, il maestro Ancelotti, e José Mourinho. | Fonte immagine: Twitter @iMiaSanMia
Allegri e Zidane, il maestro Ancelotti, e José Mourinho. | Fonte immagine: Twitter @iMiaSanMia

Allegri e Ancelotti non hanno mai lavorato insieme, ma il toscano per modi, per metodi e per pensiero si avvicina per larghi tratti al nativo di Reggiolo: entrambi si sono liberati da dogmi tattici per privilegiare la libertà d’espressione dei campioni, i quali devono giocare tutti insieme, sacrificandosi, anche, ma soprattutto inventando. In campo i più forti. Ancelotti al Milan ci ha costruito una dinastia sul suo albero di Natale, Allegri può emularlo con il 4-2-3-1 bianconero, anche se il percorso potrebbe rivelarsi più breve, sia per questioni anagrafiche di squadra che per speculazioni sul futuro di Acciughina, anche a firma dello stesso diretto interessato.

La gestione degli uomini, l’aspetto umano, il rapporto stretto e la capacità di formare un gruppo solido sono prerogative in casa Juventus. Allegri non è un sergente di ferro, ma sa essere martellante: lo afferma il suo linguaggio del corpo, lo raccontano la giacca di Carpi (per la precisione di Modena, ma passata alla storia come di Carpi), gli sfoghi in panchina contro la Sampdoria e il Chievo, la lite con Bonucci, poi risolta per il meglio. Da ogni episodio, il tecnico bianconero non solo sa trarre il buono, ma lo trasforma allo stesso tempo in un evento positivo, spalleggiato da una società forte – punto che lo distingue in qualche modo da Zinedine Zidane.

Ronaldo e Zizou. | Fonte immagine: Premium Sport HD
Ronaldo e Zizou. | Fonte immagine: Premium Sport HD

Il francese ricopre, calcisticamente parlando, uno dei ruoli più gratificanti dell’intero panorama calcistico mondiale, ma allo stesso tempo ha un intero universo blanco che poggia sulle sue spalle. La pressione di dover per forza vincere, di non poter contemplare altri risultati che non siano il successo, l’avversità di un pubblico severo e che non perdona nemmeno una sbavatura, nemmeno un passaggio sbagliato o una partita sotto tono, più sofferta del normale, sono solo alcuni dei problemi strutturali dell’ambiente in cui Zinedine Zidane lavora. È lo scotto di dover allenare una grande squadra, con tanti saluti a chi pensa che “ad allenare i campioni siamo capaci tutti”, frase che (ahimé) spopola.

Non è da tutti allenare il Real Madrid e renderlo una squadra con una fase difensiva accettabile, solida, che non dipenda esclusivamente dalle incursioni degli avanti. Ci sono riusciti Ancelotti prima e Zidane poi, compiendo anche scelte coraggiose, soprattutto il francese: Casemiro non avrà i piedi fatati (anche se ha pescato più di un jolly in fase realizzativa), ma è essenziale per garantire l’equilibrio, svincolare da alcuni compiti di copertura i due centrocampisti e le punte. È utile, quindi gioca. Sempre. Anche se rende il Real Madrid meno spettacolare di quanto farebbe un James.

Max Allegri. | Fonte immagine: Zona Deportiva
Max Allegri. | Fonte immagine: Zona Deportiva

Allegri ha utilizzato un metodo diverso per conseguire l’efficienza difensiva e non perdere lo smalto in avanti, ovvero quel passaggio al 4-4-2 con tutte le varianti del caso. Giocano i migliori, con qualche rinuncia eccellente obbligata – come capita anche a Zizou, solo che alla Juve abbondano i difensori, al Real gli attaccanti – e tantissima abnegazione da parte dell’intero undici, cosa che forse il collega francese non può permettersi, poiché potrebbe essere letta come un’istigazione alla rivolta popolare dal pubblico del Bernabeu.

Il testa a testa tra i due tecnici in finale a Cardiff ha un significato ben differente, anche per questa ragione. “Vincere è quasi un sollievo” quando sei obbligato a raggiungere l’obiettivo, ma Allegri questo peso non sembra averlo mai sentito: lui, sempre pacato a dichiarazioni, con la battuta pronta e l’ironia in tasca, sa di lavorare bene e lo dimostra sul campo.

Eleganza a confronto. | Fonte immagine: La Stampa
Eleganza a confronto. | Fonte immagine: La Stampa

Zidane, invece, potrebbe scrivere un nuovo record, lasciando il suo sguardo di ghiaccio impresso nella storia europea. Due Champions League di fila non le vince nessuno dal 1990, dovesse riuscirci un allenatore esordiente si spalancherebbero le porte della storia. Anche Allegri è lì, guarda quella maniglia, spera di spingerla: sulla sua c’è scritto treble, gli manca solo l’ultimo tassello.

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About the author
Giorgio Dusi
Vivo a Bergamo, scrivo di calcio, in particolare di Juventus e Arsenal, e di basket tra NBA ed Eurolega. Giornalista. Laureando. Forse. [email protected]