Sinisa Mihajlovic è un allenatore che di certo non le manda a dire. Schietto, diretto, ogni tanto fuori le righe ma senz'altro mai banale e sempre spiazzante. Il derby ha sempre significato qualcosa di importante per lui, lui che di derby ne ha giocati parecchi e da giocatore e da allenatore. Quello di Roma, su ambedue le sponde del Tevere. Quello di Milano, sponda Inter. E da allenatore, quello della Lanterna, sponda Samp. Da due anni, non si fa mancare nemmeno quello della Mole, sponda Toro. Ma nella riva granata del Po qualcosa sembra esser cambiato in lui.

Era l'anno 2016/2017, il suo primo derby. Nella conferenza stampa invitò i capi ultras della Curva Maratona che presto la trasformarono in un'arringa anti Juve, prontamente fermata da Sinisa. Voleva caricare l'ambiente, dare un segnale forte per far vedere quanto lui tenesse a quella partita. E magari strappare tre punti. C'era andato vicino ma Higuain prima e Pjanic poi sentenziarono in rimonta un Torino che aveva costretto al pareggio i bianconeri fino all'ottantesimo. 

Quest'anno ci riprova con un'arringa personale che devia il discorso sportivo verso quello politico, un po' anacronistico ed incorretto, della lotta di classe. Non so con quanta effettiva intenzione, Miha parla del derby come uno scontro tra servo e padrone, proletariato e borghesia, o per citarlo direttamente "colore contro bianconero". Il risultato è stato quello che è stato. Quattro gol, senza appello, senza alcuna recriminazione arbitrale, come accadde nel derby passato. Un Torino nervoso, esagitato e nevrotico contro una Juventus allegra ed allegriana, mai in serio pericolo, emblema dell'equilibrio di Mister Allegri

Ebbene, caro Sinisa, le parole vanno sempre soppesate, soprattutto in un'occasione importante come il derby. Soprattutto se il dislivello è quello che c'è sempre stato tra Juventus e Torino. Tra questa Juventus e questo Torino. È giusto caricare la propria squadra, necessario e fondamentale ma allo stesso tempo si deve anche bilanciare la foga sportiva. Altrimenti si incappa in un doppio giallo scriteriato, come l'intervento di Baselli. E lasciarsi prendere da isterismi per il rosso, dopo un fallo che sembra essere una mossa di arti marziali, è ancor di più deleterio. Soprattutto alla luce del fatto che poco dopo Ljajic prende un giallo per aver lanciato via la palla stizzito dopo un'ennesima trattenuta evidente. 

La domanda, che forse non avrà mai risposta, è molto semplice: quanto senso ha caricare un'ambiente delicato come quello del Toro? Ma soprattutto, qualcuno gli ha mai spiegato cosa sia il "vecchio cuore granata"? Chi scrive molto probabilmente non saprebbe definirlo. Ma sicuramente non è questo che abbiamo visto ieri sera.

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