Ha vinto Mayweather, ha vinto lo show biz, non ha perso ma certo non ha trionfato la boxe pura.

118-110, 116-112, 116-112. Sono gli score dei cartellini dei tre giudici che unanimamente hanno decretato la vittoria di Floyd Mayweather nell'attesissimo, pompatissimo (e naturalmente deludente) match del secolo. Chi ha avuto la fortuna di vivere le vigilie e i match tra Alì, Frazier e Foreman, o tra Leonard e Hagler, ridacchierà pensando a ciò che ha visto e a ciò di cui, da qualche anno,gli appassionati della nobile arte devono accontentarsi.

Il match del secolo, o una delle sue tante versioni, andato in scena all'MGM di Las Vegas tra Floyd Mayweathher e Manny Pacquiao entra nella storia per la consacrazione assoluta del pugile di Grand Rapids, che supera nettamente l'ultimo grande avversario rimasto sulla sua strada, unifica i titoli WBC, WBO e WBA dei Welter, arriva a una sola vittoria dal record di Rocky Marciano e porta a casa un'altra borsa milionaria. Mayweather tiene fede ai suoi due soprannomi: "Money", per la capacità di massimizzare le entrate economiche dei suoi match, e "Pretty Boy", per l'incredibile capacità - grazie alla sua impareggiabile scherma difensiva - di chiudere gli incontri con il volto immacolato. Mayweather, durante la saga mediatica trascinatasi per anni con Pacquiao, ha però dimostrato un'altra dote, sottolineata a modo suo da Mike Tyson ("Mayweather e Pacquiao non sono pugili, sono uomini d'affari"): la furbizia. I suoi occhi brillano al pensiero dei versoni, le $ sembrano stampate nelle sue pupille, la sua vita è un continuo esibire lusso e stravizi, ma sul ring va sempre un pugile all'altezza del titolo di migliore pound for pound almeno dell'ultimo decennio. Lui e il pugile filippino si sono corteggiati, minacciati, insultati, inseguiti ed evitati per anni: gli anni in cui Manny era al top, e poteva forse mettere davvero in difficoltà Mayweather, gli anni in cui cresceva l'attesa per il match,andato in scena nell'ultima occasione in cui i due pugili potevano ancora mettere in piedi uno spettacolo sportivo degno della loro storia, gli anni in cui Floyd si defilava prima lanciando accuse di doping ("Avete visto quanto è cresciuta la sua testa?") o offriva "mance" da 40 milioni di dollari al rivale.

Più provato del rivale dagli anni di battaglia (il tremendo ko subito da Marquez, la battuta d'arresto con Bradley), Pacquiao ha fatto sue un paio di riprese, troppo poco per scalfire le sicurezze di Mayweather. Il filippino è riuscito a portare a segno soltanto 81 dei 429 colpi tentati (meno del 20%), subendone quasi il doppio (148/435, 35%), e suonano davvero pretenziose le sue parole: "E' stato un buon match, credevo sinceramente di aver vinto", così come fa tenerezza la sua rivelazione, nel dopo match, di una spalla ammaccata che lo aveva spinto a chiedere un rinvio. Gli fa eco un indemoniato Freddie Roach, il suo coach, un fenomeno dell'angolo che non si capacita (ma è troppo esperto per non fare scena): "Il match lo abbiamo fatto noi, Manny ha vinto".

"Ha avuto qualche buon momento durante il match", ammette invece un serafico Mayweather, che se lo prova non dimostra fastidio dinanzi ai sonori fischi che si alzano dall'arena dopo la lettura del verdetto. "Ma ho combattuto in modo intelligente e sono riuscito a tenerlo lontano". La sua boxe chirurgica, pur totalmente diversa da quella di Wladimir Klitschko, lo accomuna al campione ucraino per la capacità di mandare in tilt l'avversario, chiunque esso sia. A 38 anni, Mayweather porta a casa 100 milioni di dollari in attesa del computo definitivo degli introiti della pay per view garantiti dalla collaborazione di due colossi quasi sempre antagonisti, Showtime e HBO: si parla di una cifra che oscilla tra i 270 e i 360 milioni di dollari (il 60% ai due pugili) che si somma alla vendita dei diritti televisivi, ai locali che hanno trasmesso al pubblico il match, al merchandising e ai biglietti venduti per entrare alla MGM dagli sponsor, che hanno richiamato a Las Vegas il solito vippaio assortito. L'età dei due pugili (75 primavere in due), lo sforzo mediatico che in questi anni ha permesso di farne il match più ricco di sempre, lo scarso spettacolo andato in scena e la netta supremazia di Mayweather escludono (per fortuna) un rematch che sportivamente avrebbe poco da dire. Mayweather però sorprende tutti, con dichiarazioni che magari ritratterà, ma che fanno intuire una programmazione chirurgica che non si allontana dal concetto espresso da Tyson. "One more match", dice Floyd. "A settembre disputerò il mio ultimo incontro, eguaglierò Rocky Marciano e mi ritirerò".

Verità o ennesima strategia commerciale?

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