La notte romana riserva un terremoto di proporzioni capitali. Novak Djokovic scuote il campo Centrale, domina in lungo e in largo il finalista di Barcellona e Madrid, il giustiziere di Nadal, Dominic Thiem. Catarsi tennistica, Djoko conferma i progressi recenti - prestazione importante con Bautista e replica con Del Potro - e si ripresenta al nobile tavolo della racchetta mondiale con carte di polvere antica. Si sblocca Djokovic, in un torneo che da sempre riserva a lui applausi e considerazione. Sapore di ritorno, il gusto dolce della ribalta. Settimane di interrogativi, ribaltone tecnico e pericolose cadute. Poi Roma, l'occasione di alzare il primo titolo di un maldestro 2017. 

L'ultimo ostacolo ha chioma bionda e incedere deciso. Teutonico, un predestinato. Gioca, A.Zverev, col piglio di chi ha personalità e talento. Un percorso senza macchia, tennisti diversi alla sua corte, prontamente cancellati nella magia del Foro. Il fioretto di Fognini, il braccio armato di Raonic e soprattutto Isner. Zverev, campione a Monaco, sempre sulla terra, vuole il secondo sigillo, per affermare la sua ascesa nell'élite del tennis, per esporre l'etichetta da numero uno. Il prospetto più lucido della prossima generazione brucia le tappe, si confronta alla pari con i primi giocatori del mondo, non arretra, anzi "offende", con staffilate potenti, con fendenti precisi. 

Banalmente, il domani al cospetto del presente, un'icona dell'ultimo decennio contro un quadro futurista. Djokovic - Zverev, la sorte sceglie Roma per inaugurare una rivalità probabilmente agli albori. Difficile identificare un favorito, due modi diversi di esprimersi sul campo. La resistenza di Nole, il suo moto perpetuo, una meravigliosa espressione fisica, condita da traiettorie da fenomeno. Il "pugno" risolutivo di Zverev, uno-due, affondo e chiusura, direzione e punto. Non prima delle 16, campo Centrale.